L'URLO



Nel quinto anniversario della strage di Utoya,

ripubblico   la   composizione   e   i commenti 

allora scritti.



L’urlo ha ripercorso la Norvegia                               1 
ed ha, deforme, il volto di un massacro,
che da Oslo a Utoya sanguina di grida.
Angoscia, solitudine del male,
da un essere virtuale consumato.                            5
Di  Dio alla voce sordo fu quell'uomo,
come clava brandì di Cristo il verbo,
blasfemo anacronistico crociato.
Don Chisciotte di Sancio Panza privo,
di teenagers ignaro e di mulini;                             10
non matta fantasia, lieve ed umana,
freddo artifizio, macchina di morte;
meteorite precipite angoscioso.
Dei totalitarismi ferrovecchio,
di internet, democratico ma ambiguo,                 15
si avvalse per le sue elucubrazioni,
(a quel che pare senza alcun costrutto),
solitario compagno a solitari,
un monocolo re in regno caecorum.
Polifemo accecato e inferocito                               20
contro la Resistenza degli Ulisse.
In nome del virtuale, Breivik dixit:
tutto ciò che è reale è mostruoso,
reale è tutto ciò che è mostruoso.
Sedentario con altri sedentari,                             25
giustapposti, distanti ed isolati,
senza comunità, senza confronto,
internauti dispersi nel gran mare,
privati tutti della stessa barca,
d'una barchetta ciascuno timoniere.                  30
Libero, onnipotente timoniere
di essere pensò quell'individuo,
ma ciò vero non è neanche in quel campo.
Navigare nel mare della vita,
questo è il cimento di ogni giorno,                    35
capire ed adattarsi di continuo,
senza subire e senza rassegnarsi.
Ma pensare alla vita ed ai viventi
era per lui noioso e assai frustrante.
Narciso tutto teso ad ascoltarsi,                         40
rispecchiandosi d’internet nel mare,
non di un  fiordo pulito, mare vero.
Degli occhi azzurri e dei capelli biondi,
(la divisa, di latta le medaglie),
si innamorò di sé, perdutamente.                     45
Lucifero-Narciso maledetto!
Alle persone vere ostile alieno,  
degli idoli virtuali e di sé schiavo,
teschio dissimulato dal bel volto.

 

 

Note

Il titolo: Anders Behring  Breivik (32 anni, norvegese) ha   assassinato   a   Oslo   e   nell’isola   di   Utoya  77 persone, di cui 69 adolescenti che, nell’isola,  partecipavano ad un campo estivo organizzato dai laburisti norvegesi.
Verso 1: L’urlo o Il Grido è il titolo del dipinto di Edvard Munch, pittore norvegese (Loten 12.12.1863 – Ekely 23.1.1944).
Versi 6 e 7. Essendosi proclamato cristiano, Breivik dovrebbe aderire a concezioni teistiche piuttosto che deistiche, con la conseguente violazione da parte sua del fondamentale comandamento biblico  "tu non ucciderai". Ma ciò non è che  una delle prove della sua estrema incoerenza e confusione mentale. Non può neppure definirsi, come pure ha fatto, "crociato", giacchè le storiche crociate tra l'XI e il XIII secolo fuono combattute a viso aperto ed ebbero come proprio obiettivo (per molti, pretestuoso) anche la liberazione della Terra Santa dall'occupazione musulmana e non l'uccisione proditoria, in assenza persino di un plausibile pretesto,  di tanti innocenti anch'essi appartenenti, come il loro nemico assassino, alla stessa civiltà giudaico-cristiana. 
               Altra grave contraddizione di Breivik è quella di non essere timorato di Dio. Sesto Empirico, citato da Piergiorgio Odifreddi in Il Vangelo secondo  la scienza - Einaudi 2008 pag. 13 - , sosteneva, nel II secolo d.C.,  che "Il timore degli dei è un'invenzione ingegnosa e abile, uno spauracchio per impedire ai malvagi di perseguire nascostamente pensieri, parole e opere asociali", prefigurando in tal modo la funzione politica della religione, affermatasi dall'editto di Costantino fino ai nostri giorni; funzione che è clamorosamente fallita nel caso di Breivik, cittadino eccellente di un Paese, la Norvegia, che fonda la sua solidità socio-culturale sul cristianesimo, essendovi stata proclamata quella evangelico-luterana religione di Stato.   Inoltre Breivik, nel suo memoriale, si augura addirittura un'alleanza tra crociati e jihadisti contro gli europei illuministi, proprio lui aderente alla massoneria che è una delle espressioni dell'illuminismo.
              Non si può interpretare e risolvere un evento epocale della portata di quello che ha avuto come protagonista Breivik, in  termini di mera ragioneria penalistica e di psicopatologia forense, pur necessari ma insufficienti. Occorre che l'Occidente metabolizzi correttamente l'evento, evitando di limitarsi ad esorcizzarlo come fatto attribuibile alla follia. Clinicamente, a quanto pare, Breivik non sarebbe uno psicopatico, ancorchè sia probabilmente un border line. In ogni caso c'è della logica in qualsiasi follia. In Occidente, la riflessione sull'evento deve essere ampia e rigorosa, anche perchè il massacro, nell'immediatezza, si pensò di attribuirlo ai fondamentalisti islamici, per scoprire poi che ne era stato invece autore un europeo, framassone e fondamentalista cristiano. Giustamente, in lungo e in largo, dopo l'11 settembre si è discusso sul fondamentalismo islamico e in genere sul mondo musulmano; non ci si può esimere ora di scandagliare la cultura e le subculture del mondo occidentale, dopo quel che è successo in Norvegia il 22 luglio 2011. Si è rifiutato di reagire all' 11 settembre  in termini di scontro tra civiltà. Inevitabile, se si sceglie l'incontro tra la nostra civiltà e quella musulmana, è riflettere se esso implichi contaminazione ovvero distinzione, le quali entrambe, a loro volta, postulano necessariamente la speculazione sul nostro ubi consistam. Urge una rivoluzione copernicana che sostituisca, al centro della nostra cultura, gli interessi con i valori. Alle provocazioni dell'appassionata Oriana Fallaci si è reagito con opaca noncuranza.  
             Breivik appartiene alla classe media (il padre è un ex diplomatico), ha ricevuto una buona istruzione ed è benestante. Soprattutto la Massoneria, a cui Breivik aderiva, è tenuta a commentare la vicenda e a riflettere ad alta voce; il Gran Maestro dell'Ordine norvegese dei massoni lo ha espulso  dall'Ordine, subito dopo il suo arresto, ma si tratta della classica chiusura della stalla, dopo che i buoi sono scappati, di un atto dovuto di autotutela. Il governo laburista norvegese ha affidato un'inchiesta sulla vicenda ad una commissione indipendente (si spera immune da infiltrazioni massoniche). Anche il Grande Oriente d'Italia espulse Licio Gelli dalla Massoneria nell'ottobre del 1981, dopo che, sette mesi addietro, era stata scoperta e sequestrata la famosa lista della P2. 
             Tra i fondamentali scopi di quell'Ordine vi sono il perfezionamento dell'individuo ed il mutuo appoggio tra gli associati : quanto al primo, ne è palese  l'esito catastrofico sia nel caso di Breivik che, fatte le debite distinzioni, in quello di Gelli e, quanto al secondo scopo, inquieta sospettare che entrambi abbiano ritenuto di essere degli intoccabili, che potessero agire indisturbati (possibile che in Norvegia nessuno che avesse dei doveri istituzionali attinenti, si fosse accorto di quel personaggio?); e tutto ciò, per la loro qualità di membri di una confraternita, antichissima, prestigiosa, potentissima e termutissima, che opera nell'ombra, avvolta da un'aura di mistero.              
             Peraltro, come recita il Titolo I delle Costituzioni di Anderson, gli affiliati sono obbligati alla religione nella quale tutti gli uomini convengono, quella fondata sulla credenza in un essere supremo, il Grande Architetto dell'Universo, lasciando ad essi le loro particolari opinioni. Ma come si può essere timorati di quel Grande Architetto, che se ne sta per i fatti suoi, tutto assorbito dal suo perenne architettare? In altri termini, in ambito civile e politico, ciascuno degli affiliati la pensa come meglio crede e agisce  senza remore di alcun genere. Mozart, che fu massone, è tra i fiori all'occhiello della confraternita. Ma fa riflettere la circostanza che quel genio della musica fosse anche  cattolico e che la religione avesse sostanziato la sua cultura personale, se è vero che egli compose un'infinità di pagine di musica sacra (dalle diciassette messe fino al Requiem); la musica cosiddetta massonica (ma quanti, anche tra i massoni, sanno che cos'è esattamente?) di Mozart si riduce a ben misera cosa e fu principalmente di circostanza  ( la musica funebre massonica in Do minore K 477  - Maurerische Trauermusik -  fu composta a Vienna nel luglio del 1785 ed eseguita la prima volta nel novembre dello stesso anno per commemorare la morte di due "fratelli" massoni, il duca Georg August von Meklenburg-Strelitz e il conte Franz Esterhazy von Galantha). Sicuramente non furono estranei alla decisione di Mozart di aderire alla confraternita calcoli finanziari e di potere (fra i potenti framassoni dell'epoca c'era anche Francesco III Stefano duca di Lorena,  marito dell'imperatrice Maria Teresa d'Austria). Anche Giuseppe Garbaldi fu nominato  Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia,   col 33° grado del Rito scozzese, a Torino nel 1962, dunque dopo le sue imprese nell'universo mondo  e quella dei Mille, con le quali la massoneria non c'entra niente, nel senso che a Calatafimi, sul Volturno o all'Aspromonte tra i combattenti i massoni non c'erano. Si potrebbe dire che fu la massoneria a divenire garibaldina piuttosto che Garibaldi a divenire massone. Nella sua formazione ideale, Garibaldi fu affascinato dalle idee di  Henri de Saint-Simon quando, a 26 anni, nel marzo 1833, incontrò, durante un  viaggio per  mare  diretto a Costantinopoli, tredici seguaci del pensatore francese, imbarcati di notte e controllati dalla polizia, che andavano in esilio nella capitale ottomana. Il loro capo era Emile Barrault, professore di retorica che espose all'eroe nizzardo le idee sansimoniane. Saint-Simon fu un filosofo positivista che, a cavallo dei secoli XVIII e XIX, si fece  assertore del riscatto del proletariato, fondato sui principi evangelici, e divenne l'ispiratore del movimento politico-religioso passato alla storia come  sansimonismo. Tutto ciò aveva poco da spartire con la massoneria, che è borghese, elitaria e fondata su una spiccata idiosincrasia per il teismo e le religioni rivelate. Più complesso il rapporto tra Garibaldi e Mazzini (il primo aderì alla Giovine Italia nel 1833 ma successivamente plause alla Comune di Parigi, che  il secondo giudicò criticamente).   Comunque si sa che Garibaldi fu soprattutto uomo d 'azione piuttosto che di pensiero.   Probabilmente l'unico legame tra Garibaldi e la massoneria fu costituito dall'anticlericalismo, che, quanto allo stesso Garibaldi si dice fosse stato da lui concepito fin da ragazzo, per avversione ai preti, essendo stato proprio un prete a far  fallire una sua fuga da casa, messa in atto per seguire la sua vocazione marinara ostacolata dai familiari e soprattutto dal padre, che avrebbe voluto fare di lui un avvocato, un medico o un sacerdote.   
       Dal punto di vista massonico, le opinioni come quelle di Breivik o di Gelli hanno piena legittimità e dignità e la confraternita non le mette in discussione, dovendo anzi rispettarle, ritenendole persino degne, come nel caso di Gelli, di un Venerabile Maestro. Si tratta di un impianto dottrinale complessivamente assai esile, ad onta dell'altisonante nome che designa l'essere supremo, impianto che scompare a fronte di quello, ben altrimenti solido e serio, della Chiesa cattolica, di cui la nostra Massoneria pretende di rappresentare il contraltare (a ben vedere, parafrasando George Bernard Show, secondo cui l'ipocrisia è l'omaggio che l'errore rende alla verità , questo  Grande Architetto si riduce ad un omaggio che la miscredenza rende al credo religioso).  Ad onta dei maestri venerabili e dei grandi maestri, che vi aleggiano,  la formazione culturale media dei massoni si riduce ad un'infarinatura di vetusto ed obsoleto anticlericalismo, nutrito di generico illuminismo. Se la sinistra estrema ha avuto nel Novecento i suoi cattivi maestri, la massoneria ha proclamato e venerato dei sedicenti maestri, cioè non ne ha avuto punto. A ben vedere, il proclamato perfezionamento dell'individuo si riduce a nient'altro che  al conferimento all'associato di uno speciale rango derivante dall'appartenenza ad  una esclusiva confraternita elitaria e dall'accoglienza nella cerchia del notabilato locale (non a caso svetta in ambito massonico la Gran Loggia d'Inghilterra, Paese questo dove proliferano gli Ordini di ogni tipo, da quello della Giarrettiera a quello dell'Impero britannico, tra gli insigniti del quale ultimo si annoverano i Beatles, Bill Gates, Elton John e Gianfranco Zola) .      Armando Corona, intervistato da Mauro Lissia oltre sette anni orsono (La Nuova Sardegna del 14 febbraio 2004),  con la saggezza e la libertà dei grandi vecchi (aveva all'epoca 83 anni), alla domanda: "Lei che è medico, come valuta lo stato di salute della Massoneria sarda oggi?" rispose: " Scarso, molto scarso. Non c'è selezione, manca la qualità delle persone. Il profilo degli iscritti non è eccelso. Certi maestri venerabili sciocchi fanno entrare gli amici per accrescere il proprio potere, così diventano massoni personaggi che tutto fanno tranne che seguire le idee massoniche". Ciò che forse pensava in cuor suo e non potè né volle dire l'ex Gran Maestro è che il problema è strutturale. Le idee massoniche sono vaghe e generiche, tanto da dover essere surrogate, nel tentativo della confraternita di assumere consistenza e rispetto, da rituali  misteriosi, da un apparato gerarchico che scimmiotta quello ecclesiastico e da una liturgia simbolica  priva di attendibile significanza (suscita sconcerto che, nei loro ritratti fotografici su internet,  Breivik e Corona, personaggi tanto diversi fra loro, appaiano entrambi bardati dei paramenti massonici - v. anche verso 44). 
            E proprio quanto a Gelli, che sciocco non è (lo stesso Corona ib. id. :" (..) non è mica scemo, quello"),  il suo titolo di studio è quello della licenza di scuola media e,  professionalmente, egli si è occupato del commercio di materassi, sia pure molto speciali e rispettabili; quindi come  maestro e per di più venerabile sembra, a dire il vero, molto improbabile;  autore del famoso Piano di rinascita democratica  fu Francesco Cosentino, non Gelli, il quale è stato essenzialmente un uomo d'azione, per usare un eufemismo. Quel Piano conteneva un programma politico con dei punti ampiamente condivisi non solo dalla destra non eversiva (separazione delle carriere dei magistrati  requirenti e di quelli giudicanti, abolizione delle province etc.), e, da un punto di vista strettamente ideologico, carenti di originalità ed incisività, per non dire banali. Da un punto di vista massonico, il Piano non è che acqua fresca e a Gelli  può esserne contestato non tanto il merito, quanto il metodo che contraddice la classica afasia della confraternita, la quale è indisponibile a dare il proprio contributo al pubblico dibattito culturale e politico della società aperta, essendone oltrettutto costituzionalmente incapace. La Massoneria non si espone, non si impegna nell'agone politico democratico, dove si critica e si giudica, si  è criticati e si è giudicati apertamente.  E' vero che il Piano  doveva restare segreto, ma, una volta scoperto (o fatto scoprire) anche quello, la massoneria italiana fu costretta, per sopravvivere, ad abbandonare Gelli al suo destino politico per evitare di essere travolta insieme a lui, sua propria creatura e colonna portante. Se il piano fosse rimasto, come almeno apparentemente doveva restare, segreto, i progetti politici di Gelli sarebbero stati perfettamente coerenti, nel merito (all'acqua di rose, opinabili, strutturalmente relativistici e neutralmente di destra e conservatori) e nel metodo, con quelli della massoneria; soprattutto nel metodo, posto che il Piano prevedeva, testualmente,  un'azione di sollecitazione  di tutti gli istituti che la Costituzione prevede, escludendo ogni movente od intento anche occulto (sic) di rovesciamento del sistema (excusatio, quest'ultima, invero, non petita, la quale ha generato il sospetto che il Piano non fosse stato che una callida mossa, a posteriori,  di natura strumentalmente difensiva e meramente propagandistica, in un contesto in cui Gelli era additato, non senza ragione, come burattinaio di tante oscure trame eversive). Se si escludeva, a parole,  ogni intento anche occulto  di natura eversiva, le forme della sollecitazione  non potevano  che essere, ed erano effettivamente, occulte e quindi perfettamente massoniche; ciò, per la buona ragione che i reali destinatari delle sollecitazioni, se in teoria erano gli istituti espressamente manzionati, in concreto erano le persone fisiche, gli individui che operavano nelle istituzioni e che il Piano burocraticamente censiva  e nominava (ex pluribus,  Mancini, Craxi, Visentini, Andreotti, Forlani, Covelli etc). Si trattava di sollecitazioni non pubbliche, esercitate in forme diverse da quelle previste e disciplinate dall'ordinamento costituzionale democratico e quindi ontologicamente paraeversive.  Ben per questo, la Loggia Propaganda 2 fu definita nella relazione di maggioranza della Commissione parlamentare di inchiesta presieduta da Tina Anselmi  "uno strumento neutro di intervento per operazioni di controllo e di condizionamento" e sciolta nel 1982 dal Parlamento.
              A fronte della vaghezza dell'obiettivo massonico di perfezionamento dell'individuo   (dobbiamo il dono divino della musica di Mozart, oltre che, e soprattutto, al genio di quel grande, anche al padre Leopoldo e al suo amato maestro Haydn, non certo alla massoneria; altrettanto deve dirsi che dobbiamo Garibaldi a Garibaldi), obiettivo questo  il cui raggiungimento è arduo proprio per la sua inconsistenza (clamorosamente esemplare il fallimento, come già abbiamo accennato, nei casi di Breivik e di Gelli),  rimane l'altro, quello del mutuo appoggio tra gli  associati. Nelle citate Costituzioni di Anderson si prescrive che la confraternita deve essere: "Centro di Unione e il mezzo per annodare una sincera amicizia tra persone che sarebbero rimaste in perpetuo estranee.";  ed ancora, nel trattare il tema dei rapporti tra gli associati : "(...) quando vi sarete accertati che esso è un buon e vero Fratello, dovrete rispettarlo e se egli si trova in bisogno dovrete aiutarlo se lo potete oppure indicargli come possa essere aiutato; voi dovrete pure dargli lavoro per qualche giorno, oppure raccomandarlo affinché possa trovarne. Voi non siete obbligati di fare più di quanto potete, ma di preferire un povero Fratello che è un buono e onesto uomo a qualsiasi altra persona che si trovasse nelle stesse circostanze. Infine, voi osserverete non soltanto questi obblighi come pure quelli che vi saranno comunicati per altra via, ma oltre a ciò voi coltiverete l’Amore Fraterno che è il fondamento e la pietra maestra, Cemento e Gloria di questa antica Fraternità. Voi eviterete Discussioni, Querele, Maldicenze, Calunnie; non permetterete mai che altri dicano male di un onesto Fratello; per contro voi ne difenderete la reputazione e gli renderete ogni sorta di buoni uffici tanto quanto il vostro onore e la vostra sicurezza lo permettono";  (...) "Ma, per ritornare ai Fratelli o Compagni che sono in Processo, il Maestro e i Fratelli debbono obbligatoriamente offrire la loro mediazione, alla quale i Fratelli che sono in contestazione dovranno sottomettersi ed essere loro riconoscenti. Ma se essi ritenessero questa sottomissione impossibile essi potranno continuare il loro processo, ma non con reciproca indignazione come si fa comunemente, ma senza collera, senza rancore, non dicendo né facendo nulla che possa ostacolare l’amore fraterno e continuando a rendersi dei buoni offici.".
             La fratellanza massonica, se prima facie  può apparire lodevole e positiva in via di principio, in concreto, a ben vedere, è pericolosa e deleteria  socialmente e culturalmente. Essa è infatti stabilita tra gli affiliati e ad essi strettamente riservata. Al contrario di quella cristiana, la quale è universale  (ama il prossimo tuo come te stesso), la fratellanza massonica non è che un predicato del mutuo soccorso di una ristretta e chiusa corporazione, come ci dicono le proposizioni delle Costituzioni  di Anderson che sono state sopra evidenziate in grassetto. Si attaglia bene alla mutualità massonica il motto di Ennio Flaiano secondo cui "gli italiani volano in soccorso del vincitore". In effetti i massoni costituiscono un'accolta di eletti, di vincitori che, sostenendosi reciprocamente, vogliono stravincere (i vincitori non sono tali perchè i migliori ma perchè supportati e favoriti). Da loro sono lontani anni luce quanti operano nella Charitas o nell'esteso mondo del volontariato (oh, quegli angeli del fango nella Firenze in ginocchio per l'alluvione del 1966, angeli accorsi ancora in questi giorni nella Genova anch'essa colpita a morte dalla recente inondazione). A tale proposito, con tutto il rispetto per la memoria di Armandino Corona, che nella nostra Cagliari fu uomo politico di spicco (tra l'altro, presidente del Consiglio regionale sardo) e fu anche Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia (espulse Gelli dalla Massoneria), si può ricordare che egli fu medico, il quale esercitò per poco tempo la sua professione, preferendo dedicarsi, con successo,  agli affari, in specie  sul mercato immobiliare e nel settore  medico - sanitario (grazie a lui la massoneria divenne ed è ancora, a Cagliari, potentissima soprattutto in quel settore ). Premesso che non si vuole esprimere qui alcun giudizio di valore, ma stabilire solo un confronto, ai soli fini della distinzione tra la fratellanza cristiana e quella massonica, può essere interessante accostare lo stesso Corona, medico mancato e uomo d'affari,  ad un altro personaggio storico cagliaritano, il quale, anche  lui medico - il cattolicissimo Edmondo De Magistris -, nell'Ottocento si dedicò invece con filantropico amore  alla sua professione e viene ricordato come il medico dei poveri. Vite parallele, almeno nello spazio (Cagliari) se non nel tempo (un secolo le separa), ma  davvero agli antipodi, quanto alla interpretazione  del sentimento di fratellanza. Sempre in tema di fratellanza, quella massonica ne contraddice non solo l'interpretazione cristiana ma anche quella, anch'essa universale,  della Rivoluzione Francese, se è vero che nella Dichiarazione dei diritti e doveri del cittadino, parte integrante e iniziale della Costituzione dell'anno III (1795), la Fraternité, terzo elemento del motto repubblicano, è definita così: «Non fatte agli altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi; fatte costantemente agli altri il bene che vorreste ricevere». In tale proposizione, gli altri sono tutti gli altri uomini senza distinzioni (altro è la radice di altruismo, espressione di  generosità e disinteresse). Nell'accezione massonica, la stessa proposizione  reciterebbe come segue: "Non fatte agli altri massoni ciò che non vorreste vi fosse fatto da loro; fatte costantemente agli altri massoni il bene che vorreste ricevere".

            Oltre che all'angustia, in generale,  della fratellanza massonica  (abbastanza pelosa) si deve por mente alla particolare interpretazione italiana di tale sentimento associativo e allo specifico contesto storico, sociale e culturale nel quale esso viene coltivato e diffuso nel nostro Paese.  L'Italia è il luogo delle consorterie, che già nel medioevo  venivano costituite dalle famiglie a cui conveniva collegarsi reciprocamente per rafforzare il proprio potere (da lì le lotte tra guelfi e ghibellini), dei comitati d'affari (attualmente si indaga e si dibatte sulle P3 e P4, epigoni  della P2 , definita quest'ultima «il più dotato arsenale di pericolosi e validi strumenti di eversione politica e morale» da Tina Anselmi, che nel suo diario scrisse, quasi un quarto di secolo fa, profeticamente : «Le P2 non nascono a caso, ma occupano spazi lasciati vuoti, per insensibilità, e li occupano per creare la P3, la P4... "). 
             In Italia, luogo dove, diffusi,  allignano deteriore machiavellismo,  trasformismo,  mafie, raccomandazioni e  favori,  sottogoverno e  malgoverno, mancanza di rispetto per l'interesse pubblico, il termine fratello, che richiama la famiglia (non a caso c'è anche la famiglia mafiosa), il familismo (in questi giorni il premier Mario Monti ci ha ammonito sulla "degenerazione del senso di famiglia in familismo") e l'interesse privato (il guicciardiano "particulare"),   finisce fatalmente col declinarsi sempre, nell'accezione massonica, come compare, cioè favoreggiatore o collaboratore in  losche imprese (Devoto-Oli). Ciò è stato, storicamente, nella vicenda di Sindona, che, negli anni '70 del secolo scorso,  ebbe l'appoggio  della mafia e della loggia massonica P2  (Giorgio Ambrosoli, assassinato da un sicario di Sindona, è "l'eroe borghese", come lo definì Corrado Stajano, che rappresenta l'Italia che dobbiamo amare e che deve prevalere, l'Italia del senso dello Stato, dello stato di diritto, del rispetto per l'interesse pubblico e  del suo perseguimento, della deontologia giuridica, politica ed economica ). Ma come Re Mida, che fa diventare oro tutto ciò che tocca, nel contesto italiano diventa fatalmente losco, cioè equivoco e preoccupante (Devoto-Oli), tutto ciò che la massoneria tocca. In qualsiasi situazione, in qualsiasi inevitabile conflitto ed in qualsivoglia ambito,  non può che intervenire come fattore di turbativa  l'occulta  "fratellanza"  massonica, che per principio deve prevalere  su tutto (v. supra l'estratto dalle citate Costituzioni massoniche di Anderson: "(...) quando vi sarete accertati che esso è un buon e vero Fratello, dovrete rispettarlo e se egli si trova in bisogno dovrete aiutarlo se lo potete oppure indicargli come possa essere aiutato; voi dovrete pure dargli lavoro per qualche giorno, oppure raccomandarlo affinché possa trovarne. Voi non siete obbligati di fare più di quanto potete, ma di preferire un povero Fratello che è un buono e onesto uomo a qualsiasi altra persona che si trovasse nelle stesse circostanze (...)). L'aiuto, l'appoggio, la raccomandazione a beneficio del fratello   non possono  che tradursi in comportamenti che prescindono dal merito, dal diritto e dal giusto ovvero li subordinano al valore della fratellanza, scopo questo della confraternita  di natura   istituzionale ed ormai rimasto l'unico, essendosi ormai dissolto nell'attuale contesto storico e culturale l'altro scopo istituzionale, quello del prefezionamento dell'individuo.  Attualmente insomma, o la massoneria favorisce il fratello oppure non è. Questo spiega perchè i massoni ambiscano operare nei gangli del potere e siano attivi nel mondo degli affari; spiega anche la riservatezza del loro operare, che vanifica fino ad annullarle le difese e le contromosse dei  competirori che fratelli non siano, amplificando, nel contempo,  il potere della confraternita, essendo più efficace e temibile un potere occulto che, come tale, agendo al di fuori di qualsiasi controllo, in primis, di quello dell'opinione pubblica,  possa ricorrere a qualsiasi strumento, all'occorrenza anche a quello inconfessabile ovvero, giuridicamente o deontologicamente, illecito; insomma, in Italia prospera un suk,  teatro di concorrenza sleale, dominato dalla massoneria e/o dalle mafie che ricorrono al dolus malus,  suk sotterraneo  e parallelo al mercato aperto e visibile, dove pure vige sempre il principio, affermato già dai Romani, secondo il quale "licet mercatoribus sese invicem circumvenire" (è lecito ai mercanti ingannarsi vicendevolmente, cioè far ricorso al cosiddetto dolus bonus); come la moneta cattiva scaccia quella buona, così il dolus malus scaccia quello bonus. Parafrasando Vittorio Alfieri, potrebbe dirsi che il motto di ogni autentico massone sia: volli, sempre volli, fortissimamente volli fare gli affari miei. Non a caso, nella succitata intervista, alla domanda se la Massoneria governasse la sanità sarda, Armando Corona rispose testualmente: "Mai sentito. Io so che la sanità è stata sempre controllata dai comunisti". E' significativo che in tale risposta si faccia riferimento ai "comunisti" e cioè alla nomenklatura del vecchio PCI, all'epoca ormai visibilmente scomparso ma sopravvissuto alla svolta dell'89, specie in Sardegna, come sottobosco politico,   il quale effettivamente faceva concorrenza alla Massoneria, posto che negli intrallazzi i compagni non furono mai  da meno rispetto ai fratelli.
               Ci ha insegnato  John Reynard Keines (Teoria generale dell’occupazione dell’interesse della moneta, Cap. 24) che il sistema capitalistico, ove ben regolato dai pubblici poteri, garantisce la massima libertà individuale, la possibilità per ognuno di dispiegare al meglio i propri "spiriti animali" ammonendoci nel contempo che  "(...) l’individualismo, se lo si può mondare dei suoi difetti e dei suoi abusi, è la miglior salvaguardia della libertà personale; nel senso che, in confronto a qualunque altro sistema, esso allarga grandemente il campo dell’esercizio della scelta personale". Nel metodo massonico, l'individualismo non viene affatto mondato dei suoi difetti e dei suoi abusi, giacchè costringe gli affiliati ad azioni occulte, prive di qualsiasi controllo, alla doverosa  elargizione di  favori che a loro volta devono essere ricambiati, in una situazione coatta, conculcatrice della libertà individuale e   che comporta appunto, oggettivamente, forzature ed abusi. Non può ritenersi uomo libero (perfezionato a dire della massoneria) chi in qualsiasi  competizione o  conflitto debba osservare il principio categorico di preferire il fratello al contrapposto competitore o confliggente, che fratello non  sia, a prescindere dal merito e dai meriti, dal giusto e dall'oggettivamente ragionevole. La Massoneria traligna rispetto ai principi della Rivoluzione non solo quanto alla fraternitè ma anche alla libertè ed alla egalitè, giacchè i massoni non sono uomini liberi e limitano l'eguaglianza alle relazioni interne tra fratelli, considerando ineguale ogni altro cittadino.

                 Nell'amministrazione della giustizia, la fratellanza massonica è  fattore di turbativa ed ha effetti devastanti (si vedano, tra l'altro, "FRATELLANZA GIURIDICA. I magistrati e la massoneria"  in www.stampalibera.com  e il sito www.grandeoriente-democratico.com). Come difendersene? Occorre seguire la lezione di Giorgio Ambrosoli  e utilizzare tutti gli strumenti politici e giuridici disponibili (l'azione disciplinare nei confronti dei magistrati collusi è uno di questi), rigorosamente, seriamente, senza indulgere ad azioni dimostrative e propagandistiche, ma impegnandosi in profondità,  senza clamori mediatici e senza stancarsi o rassegnarsi; soprattutto senza farsi fuorviare dallo strumentale e spesso superficiale giustizialismo imperante, che non coglie nel segno ed anzi, rendendola intoccabile, esalta la magistratura, di cui bisogna invece diffidare. Altra importante arma difensiva è l'autonomia della avvocatura rispetto alla magistratura. L'avvocato deve essere il cane da guardia dei diritti e della libertà dei cittadini rispetto alla malagiustizia. Sono connaturati alla subcultura massonica l'aggiramento ed il depotenziamento della legalità; a che cos'altro mira la succitata esaltazione della mediazione nelle Costituzioni di Anderson? Affermano, a tal proposito, le Costituzioni "(....) per ritornare ai Fratelli o Compagni che sono in Processo, il Maestro e i Fratelli debbono obbligatoriamente offrire la loro mediazione, alla quale i Fratelli che sono in contestazione dovranno sottomettersi ed essere loro riconoscenti. Ma se essi ritenessero questa sottomissione impossibile essi potranno continuare il loro processo, ma non con reciproca indignazione come si fa comunemente, ma senza collera, senza rancore, non dicendo né facendo nulla che possa ostacolare l’amore fraterno e continuando a rendersi dei buoni offici" (considerato che "habent sua sidera lites", che ne sarà del soggetto che, coinvolto a qualsiasi titolo nel processo, non sia destinatario di amore fraterno nè degno di beneficiare dei buoni offici?). 
             Per concludere sull'argomento, non si può trascurare un cenno alla situazione della città di Cagliari dove fin dalla seconda metà dell'Ottocento dominano le consorterie locali, la storica camarilla,  contro cui si batterono allora Giovanni Battista Tuveri e Francesco Cocco-Ortu. Proprio con velato riferimento al potere della camarilla, nel 1871, in occasione dell'inaugurazione dell'anno giudiziario,  il Sostituto Procuratore Generale del Re Avv. Luigi Rossi Doria, delineando la figura del magistrato ebbe a dire: " Non si affatichi a procacciarsi onori, a farsi innanzi nella carriere degli impieghi sacrificando la giustizia ai capricci del potere, o ad accattivarsi plauso facendola schiava delle ire e delle cupidigie partigiane. Che é egli mai infatti questo magistrato che trovi frammisto a tutte le gare, protettore di consorterie, dittatore o pascià prepotente, solo intento a favorire i partigiani, ad osteggiare gli avversari? In lui non é giustizia, ma servitù cieca all’arbitraria volontà del potere ed ai capricci degli eventi". A Cagliari, nei rapporti tra avvocatura e magistratura si stende la vischiosa melassa dell'amore fraterno, del senza rancore, dei buoni offici propria della subcultura massonica, giacchè  anche laddove la massoneria non interviene direttamente, traspare comunque  la sua egemone influenza (in generale la cultura cagliaritana soffre di un'atavica opacità, probabilmente derivante dalla profonda  influenza della massoneria, che contrasta con la vivacità di altre culture isolane, come, per esempio, quella logudorese, sassarese e barbaricino-nuorese ). L'avvocatura sarda in altri circondari ha un atteggiamento diverso, non ossequioso nei confronti della magistratura. L'avvocato ed intellettuale nuorese Pietro Mastino usava indossare il tocco, a simboleggiare la pari dignità di avvocato e magistrato. Ogni avvocato che si rispetti non dovrebbe mai abbassare la guardia, facendo proprio il motto di Giovenale "facit indignatio versum" (lo si ritrova anche nelle poetiche invettive di Dante) nei confronti delle ingiustizie. Sul fronte delle battaglie per la giustizia giusta  gli avvocati devono essere in prima linea e mantenere le distanze dai magistrati, sul cui operato essi devono continuamente vigilare. I cittadini chiedono ai giudici, soggetti soltanto alla legge (art. 101 della Costituzione), non l'opaco e lento ottundimento ma la rapida risoluzione dei conflitti, salvo che le stesse parti confliggenti non preferiscano la mediazione. Parafrasando Hegel che definì l'Assoluto di Schelling, privo di movimento, come una notte in cui tutte le vacche sono nere, si potrebbe dire che la pelosa fratellaza massonica, direttamente o indirettamente,  riduce il movimento dialettico del processo, che deve essere solare, illuminato dalla dottrina giuridica raffinata nel divenire storico,   a degli oscuri, sotterranei maneggi di un  buio, notturno conciliabolo-mediazione  in cui tutte le controversie e l'ansia di giustizia che le sostanzia sono nere. Un giudice-mediatore tradisce la propria funzione. La mediazione, per definizione, si fonda su fattori metagiuridici (etici, politici, socio-economici), mentre dovere del giudice è attenersi esclusivamente alla legge e al diritto (il giudizio secondo equità è ammesso davanti al giudice di pace per controversie di modestissimo valore e davanti al tribunale per diritti disponibili, quando le parti lo richiedano). Ha scritto Claudio Magris (Corriere della Sera , 6 gennaio 2012) che non dobbiamo dimenticare il "fondamento del liberalismo e della democrazia, secondo il quale la mia libertà cessa dove inizia quella di un altro e tale principio deve esere tutelato da leggi precise, che permettano il massimo di libertà possibile ma sempre all'interno di una concezione basata su principi non più discutibili"; sono espressioni quelle di Magris  che riflettono il rispetto per il fondamentale principio della certezza del diritto e riecheggiano le succitate affermazioni  di Keines. L'istituto giuridico della mediazione, recentemente introdotto nel nostro ordinamento e non a caso affidato alle mani di mediatori digiuni di diritto, sorge dalla diffusa sfiducia nella magistratura e nella avvocatura, entrambe le quali sono percepite non già come i soggetti di una fisiologica contrapposizione dialettica, ma  come corporazioni, che perseguono, cor unum, in ultima analisi i propri interessi. Mediazione per mediazione, tanto vale -ciò parebbe essersi detto il legislatore-  sottrarla agli ambulacri dei palazzi di giustizia, dove essa  viene troppo spesso  ipocritamente millantata  come esercizio della funzione giurisdizionale, per gettarla in piazza, alla luce del sole, affinchè appaia e sia definita per quella che è, un mercanteggiamento che prescinde dal diritto. 
              Versi 21,22 e  23: nel suo memoriale di 1500 pagine su internet, Breivik ha scritto di aspettarsi di essere ricordato "come il più grande mostro dopo la Seconda Guerra Mondiale". L'accidia di un individuo che si rintana nel web comporta l'incapacità di comprendere la realtà complessa, che viene avvertita come strana, minacciosa e mostruosa dunque. Il sonno della ragione genera mostri (Francisco Goya). La facilità del web come strumento di manifestazione del pensiero può comportare la superficialità, intesa come carenza di rigore e disciplina, dello stesso pensiero.
             Nel web le cose perdono la forza di gravità e gli esseri umani sono assimilati a queste cose prive di gravità. Nei videogiochi basta un clic per modificare una situazione; le situazioni sono precarie e temporanee; esse si succedono le une alle altre vertiginosamente.Cliccare equivale ad usare la bacchetta magica. Uomini e cose sono attratti in un vortice senza gravità e responsabilità. Non a caso Breivik ha scritto nel suo profilo su Facebook di amare e praticare i videogiochi World of Warcraft e Modem Warfare 2.  Internet esalta la libertà individuale, ma come in tutte le realtà umane, accanto a tale aspetto positivo si associa quello negativo della unilateralità delle espressioni della stessa libertà. Il progresso della tecnica e di quella della comunicazione in particolare  non comporta automaticamente il progresso culturale. Pier Paolo Pasolini coglieva, negli  Scritti Corsari  la differenza tra sviluppo consumistico (e internet già trasmoda in comuncazione consumistica)  e progresso umano, culturale.Lo si constata nella Primavera Araba, il cui fattore decisivo, internet (Facebook, Twitter in particolare), non ha impedito il verificarsi dell'episodio barbarico, che rinvia ai secoli più bui della Storia, dell'uccisione di Gheddafi. Tale limite di internet è confermato anche dall'orribile episodio che ha avuto come protagonista Breivik e che si è verificato all'altro capo del mondo rispetto al teatro di quella uccisione e in tutt'altro contesto culturale. Nella Primavera araba, internet è stato un fattore fondamentale per favorire la comunicazione e l'aggregazione delle masse (si pensi all'emozione suscitata dalla morte di Khaled Said, in Alessandria d'Egitto, determinata dalle torture di due poliziotti, e dal suicido incendiario del disoccupato  Mohamed Bouaziz, in Tunisia); le proteste, le grandi manifestazioni furono suscitate e amplificate attraverso internet, che è stato decisivo soprattutto nella caduta di Ben Alì e di Mubarak, ma è stato importante anche nella vicenda libica, e perciò, quanto alla pars destruens, ha rappresentato una ventata rapida, impetuosa, ma leggera, poco pregnante; tant'è che  nella pars costruens la realtà effettuale, nella sua lentezza e compattezza, nella sua gravità (i  militari   e    i   Fratelli   musulmani  in  Egitto,   le tribù, il gas,  il   petrolio,   l'intervento  della NATO  in Libia, i partiti politici e i candidati alle elezioni del    23 ottobre 2011 - ben ottantuno i primi e migliaia  i secondi-  in Tunisia), ha celebrato la propria rivincita sulla realtà virtuale.    
               Verso 31: internet può generare  la perdita del senso delle realtà e della connessa responsabilità individuale. Nei videogiochi sono stravolti i rapporti reali degli uomini tra loro e con la realtà oggettiva.  Nell'agosto del 2011 una donna, in Cina, annunciò su internet di aver ucciso il figlioletto di 10 mesi, pubblicando il video dell'infanticidio, quasi ad oggettivare il proprio gesto, spersonalizzandolo e giustificandolo come uno degli infiniti, inesplicabili eventi della vicenda umana, percepita come un turbinio senza spazio nè tempo.Si uccide con la stessa facilità con cui si clicca per trasformare l'oggettività. Anche Breivik nel suo memoriale sul web declina la sua responsabilità, attribuendo la mostruosità di ciò che ha commesso a quel mostro che è l'essere umano, al di là del bene e del male, dello spazio e del tempo. La morale vanificata dalla biologia, che oggi include anche internet come estensione dell'umanità e di ciò che essa genera. Ciò può proclamare coram populo l'internauta, attribuendo la responsabilità dei propri atti non a sè stesso ma a tutti gli altri infiniti internauti, inconsapevoli correi, a cui può rivolgersi  e che considera essere l'umanità intera consustanziata di internet . Al di fuori del web c'è l'assurdità e mostruosità della realtà effettuale  costituita di umanità in carne ed ossa e di cose e situazioni dotate di volume, peso e gravità. Internet è la verà realtà, l'Assoluto.Dunque è assurda e mostruosa ogni azione umana volta a trasformare la realtà, come l'agire di quella gioventù laburista norvegese che pretendeva di guardare al futuro dell'umanità riunendosi  nell'isola di Utoya, per intrecciare rapporti interpersonali, per riflettere e discutere sul quel futuro.  Quei giovani per Breivik sono stati l'oggetto del suo experimentum in corpore vili , mero obiettivo della sua incursione nel mondo reale da lui piegato ad essere nient'altro che uno dei suoi amati videogiochi, accanto a World of Warcraft e Modem Warfare 2. Agli occhi di Breivik quei ragazzi, piuttosto che cliccare e chattare, ipnotizzati da uno schermo, avevano il torto di  vivere all'aria aperta, in mezzo al verde, guardandosi negli occhi, parlando, pensando, discutendo,  giocando e facendo l'amore.  Purtroppo, atrocemente per quei ragazzi Breivik, a sua volta, è stato, come diciamo nei versi  12 e 13, freddo artifizio, macchina di morte;/ meteorite precipite angoscioso, una forza bruta, cieca, imprevedibile come quella di un qualsiasi  violento, distruttivo evento generato dalla malvagità umana o dalla natura, che è bella, generosa, degna di salvaguardia e rispetto, ma cela anch'essa tanti pericoli, spesso favoriti ed aggravati dall'uomo stesso. Internet e ciò che al suo interno  si agita è uno di questi pericoli.
              Verso  49:  Breivik si sarebbe fatto fare la plastica al viso per sembrare più ariano. Lo scrive il Sunday Times citando il capo del controspionaggio norvegese,  Janne Kristiansen:  «In Norvegia  la  gente  non  ha  quell’aspetto ariano. Deve essersi fatto fare un lifting. Hitler l’avrebbe messo sui manifesti».